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E’ giusto essere coerente?

Ho sempre pensato che la coerenza sia relativa al tempo che viviamo. Ovvero a 10 anni potremo essere coerenti con gli ideali del momento, ma a 40 anni non potremo avere la coerenza dei 10 anni. Questo semplicemente perché la coerenza cresce con noi e si evolve.  Le nostre identità, così come le nostre vite, sono sistemi aperti.

Per dirla in altre parole, dovremmo ripensare le nostre opinioni e mettere in discussione ciò che facciamo giorno per giorno, perché ripensare ci rende liberi. Ci permette di fare qualcosa in più rispetto a quello che siamo abituati a fare, ci permette di aggiornare le nostre conoscenze e, di conseguenza, le nostre opinioni.

Forse dovremmo ripartire da quando eravamo bambini, quando ogni adulto che ci incontrava aveva la pessima abitudine di chiederci: “cosa vorresti fare da grande?”. Ai miei tempi era quasi d’obbligo rispondere l’Astronauta per far felici i nostri genitori. (Nel 69 la missione spaziale dell’Apollo 11 portò il primo uomo sulla Luna e … cosa fanno gli astronauti, prima ancora di essere piloti? Si! Gli ingegneri. Ovviamente non tutti, ma molti astronauti sono ingegneri).

Quella domanda, che agli occhi di chi la fa, vuole essere simpatica e perfino motivante, è quella che ci ha imposto di essere tutti d’un pezzo e mantenere la rotta ad ogni costo! Anche quando le cose non vanno come speravamo. Ci siamo preclusi qualsiasi possibile alternativa pur di mantenere la rotta, confondendo la coerenza con l’ostinazione, che di per sé non è una cattiva qualità ma quando si tratta di ripensare, è una pessima alleata.

Cosa vorresti fare da grande? scrive Michelle Obama: “Penso sia una delle domande più inutili che un adulto possa fare ad un bambino. Come se si finisse mai di crescere, come se ad un certo punto uno diventasse qualcosa e quella fosse la fine.”

E’ probabile che la nostra professione non esista ancora e i nostri interessi potrebbero cambiare nel tempo. Quando ero adolescente non esisteva internet né i telefonini, Google e Facebook non erano lontanamente immaginabili. Le professioni più richieste di oggi non esistevano cinque anni fa. Quella che gli psicologi chiamano preclusione dell’identità, può impedirci di evolvere. E’ una trappola mentale. Stabilire prematuramente e senza la dovuta diligenza chi siamo, ci preclude ogni possibile identità alternativa.

 

 “E’ buon senso scegliere un metodo e metterlo alla prova: se fallisce, bisogna ammetterlo francamente e provarne un altro. La cosa più importante, comunque, è provare qualcosa” Franklin Delano Roosvelt, anno 1932, stralcio di discorso pronunciato durante la grande depressione

 

Ci sono studi che dimostrano che gli studenti che a vent’anni hanno ostentato maggior sicurezza sui loro progetti di carriera sono gli stessi che hanno più rimpianti a trenta. Così come ci sono prove del fatto che i laureati delle università inglesi e gallesi hanno maggiori probabilità di cambiare percorso di carriera rispetto agli studenti scozzesi. Non per un effetto culturale ma temporale. In Inghilterra e in Galles gli studenti devono fare la scelta della specializzazione alle superiori. In Scozia gli studenti scelgono la specializzazione dopo il terzo anno di college. Questo dà loro maggiori opportunità per riconsiderare i propri piani e sviluppare nuovi interessi. Probabilmente la loro professione futura ancora non esiste.

Io stesso mi son fermato al quinto anno di ingegneria al Politecnico di Torino, per una serie di esperienze di vita che mi hanno portato lontano dai libri per sei anni, a venticinque esami su ventinove e non ho mai finito il percorso universitario. Mi fossi ostinato a raddoppiare gli sforzi, incastrato in un modello che avrebbe voluto una intensificazione del mio impegno, oggi non sarei quello che sono. Certo è un cruccio che mi porto dentro, ma solo per aver dato un dispiacere ai miei genitori, ma non mi avrebbe permesso di vivere la vita che ho vissuto. Mi son messo in discussione non facendo vincere l’ostinazione sulla coerenza del momento! L’ostinazione mi avrebbe portato a perdere altri anni di vita per inseguire qualcosa che mi era stato imposto e in cui, alla fine, non ci credevo. Quanta gente, laureata ha finito per fare tutt’altro? Sono scappati, in tempo, dalla trappola della preclusione dell’identità.

Ovviamente queste dinamiche sono valide non solo per la professione ma per ogni aspetto della nostra vita, nelle relazioni così come nei sentimenti.

Non importa quante capacità intellettuali abbiamo, se manca la motivazione giusta per rivedere le nostre idee, perderemo molte occasioni per ripensare. La scienza per definizione mette in discussione il proprio sapere, mentre noi siamo orgogliosi del nostro bagaglio di conoscenze e competenze. Il che andrebbe bene se vivessimo in un mondo statico, ma il mondo è in rapida evoluzione. Nel 1950 servivano cinquant’anni perché le conoscenze nel campo della medicina raddoppiassero. Nel 1980 ne servivano sette e nel 2010 solamente tre e mezzo.

 

“Il progresso è impossibile senza cambiamento, e chi non può cambiare idea, non può cambiare nulla!” G.B. Shaw

 

Considerare gli errori come opportunità. Sbaglio dunque imparo, questo è il vero comandamento da seguire. In Italia l’errore e il fallimento sono visti come eventi negativi di cui vergognarsi e non come la strada per giungere più velocemente al successo, inteso come

Le stesse best practice osannate nel mondo imprenditoriale e seguite da molte aziende quasi come un credo, sono una limitazione del pensiero. Quando in realtà esiste il rischio che considerare una pratica come buona, se non la migliore, impedisca l’esplorazione di nuove vie.

 

“Se non cambiate idea di frequente, vi troverete a sbagliare un sacco di volte” Jeff Bezos

 

N.B.

Gli spunti di riflessione sono nati dalla lettura del libro di Adam Grant, PENSACI ANCORA, il potere di sapere ciò che non sai.

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Goffredo Caminiti

Dal 1998 lavoro con i Professionisti (Commercialisti e Consulenti del lavoro)delle province di Piemonte e Valle d’Aosta.

Sono specializzato nel DARE VALORE aldilà del prodotto.I miei clienti non sono MAI lasciati soli e mi vedono e sentono, molto più spesso che al momento del rinnovo contrattuale. Sono sempre pronto a risolvere qualsiasi tipo di problema.

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